Il mio blog per eccellenza, che non ha mai avuto pari in costanza ed epicità, è nato perché non avevo capito bene che cosa fosse un blog.
Pensavo fosse un diario per confidare a qualche amichetto tuo come stavi, e pensavo che avere i link dei blog dei tuoi amichetti fosse indice di grandi legami ed esclusività.
Invece poi sono arrivati i commenti pubblici e mi sono guardata attorno spaventata, tipo vittima di stalker.
Era il 2003, no smart phone, no internet fuori casa, manco il termine stalker girava ancora. La parola “bimbominkia” era in fase di conio. Non s’era ancora capito che a fare il minchione su internet potevi pure diventare milionario, e io per fare la minchiona le carte in regola le avrei sempre avute.
Le cose me le conservavo fino a sera e avevo assolutamente bisogno di raccontarle ai miei amichetti lontani, se c’era una vacanza di mezzo potevo conservarmele pure un mese, con qualche appunto qua e là.
Ho iniziato buttando giù post pieni di puntini sospensivi in cui non mi presentavo, non raccontavo retroscena (che probabilmente a diciassette anni non avevo) e sbandieravo le mie passioni con i vezzeggiativi e l’esultanza di chi non ha retroscena con cui possa calibrare l’entusiasmo.
Mi ero appena innamorata delle montagne, dei panini coi semini, e di una soffitta da cui guardare le stelle.
Queste ultime cose non sono cambiate nemmeno un po’, quindi -puntini sospensivi a parte- io ricomincio così.
Talmente tanto minimal, che ha un livello di bellezza superiore
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Era mia intenzione personalizzare un po’ per volta, ma per ora sento anche io questa bellezza pura data dal nulla, tipo le pentole di vetro in cui vedi volteggiare la pasta.
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Ma infatti, guardiamoci la pasta per ora. Va benissimo (Pu.)
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