E invece non mi ha uccisa

Se parlo tra me e me, io parlo in prima persona.
“Ho fame”, “quasi quasi mi faccio un giro”, “quanta voglia ho di mettermi a leggere”.
Ci sono solo un paio di occasioni in cui mi sono data del tu, ed ero sempre in una situazione rischiosa: ero sperduta ai piedi delle montagne australiane e avevo da una parte un mezzo maniaco che buttava le mani dove non doveva e dall’altra i coccodrilli, di notte, e senza conoscere i numeri di emergenza; ero in una grotta sconosciuta chiusa al pubblico, senza torcia, appresso a degli scimuniti che invece di starsene buoni si andavano arrampicando alla cieca, mentre io ero con l’unico che diceva “mah, io me ne resto qui all’uscita, mi sembra un po’ cretino morire così”. E poi basta. Sono state le uniche volte in cui ho sentito la voce della coscienza che mi diceva: “Adesso stai facendo questa cosa, brava la fessa. Se ne esci viva, non ti permettere mai più.”

Ecco, negli ultimi giorni ho sentito una manina che mi faceva toc toc sulla spalla, che sicuro era la mia coscienza che voleva darmi del tu.
Ho avvisato tutti che andavo a fare una rimpatriata con la mia Cretina (la mia migliore amica storica), con altra gente storica che non vedo da mille anni, per starmene cinque ore -le ore del pomeriggio in cui meno mi cercano i guardiani della torre- con uno che per quindici anni ho creduto un maniaco.
Uno per cui ogni smentita, invece che tranquillizzarmi per sempre, mi valeva come un “caspita, se è uno psicopatico lo sa nascondere veramente benissimo!”.
Era tipo un’esterna di mariadefilippi (vorrei che nella mia mente non esistesse questo concetto, ma purtroppo esiste) e come unica richiesta gli avevo chiesto di rispettare gli orari e trovare un posto dove ci fosse campo per il telefono (e però mica ero poi certa che fosse vero).
Il mio piano furbo era fuggire da casa dopo pranzo con la mia Cretina, che mi avrebbe lasciata in centro, e lui sarebbe passato a prendermi al volo. Lui iniziava male, dicendo che si sarebbe vergognato di incontrare la mia amica, e che avrei dovuto allontanarmi quando l’avrei visto geolocalizzato nei paraggi.
“Senti però tu non puoi vergognarti della mia Cretina, se no fai proprio come i maniaci delle chat”.
La manina della coscienza non si accontentava delle mille cose positive che sapeva su di lui, degli amici belli che ha, e del fatto che gli piacciano le pastarelle e i semi di cachi con le forchettine dentro.
Gli avevo pure portato in dono una zeppola con zucchero e cannella in miniatura, un acquerello col mio ritratto (una capa di zucca con gli occhietti) in versione polaroid e delle galle di quercia, ma la manina della coscienza sapeva sempre che aveva tutte le carte in regola per uccidermi e tutto il tempo per farmi sparire.

E invece non mi ha uccisa.

Anzi, a parte la bontà, aveva per me delle tisane scelte dal suo cofanetto, degli occhietti adesivi, degli incensi indiani, una scatola di fiammiferi perché non bisogna mai essere sprovvisti di fuoco e, direttamente dalla gioielleria, del pecorino ai mirtilli.

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